TESSUTO MUSCOLARE
Non è solo questione di forza: salute e ipertrofia
In questo articolo proveremo a guardare il tessuto muscolare dal punto di vista della salute – perché è importante prendercene cura – e analizzeremo come fare per avere dei muscoli sani che possano supportare e migliorare il nostro stato di salute generale.
Siamo abituati a vedere i muscoli come parte dell’apparato muscolo scheletrico dove, insieme alle ossa e alle articolazioni, svolgono il ruolo di sostegno e protezione del corpo permettendone il movimento grazie alla loro capacità contrattile.
La massa muscolare costituisce parte della nostra massa magra (FFM: Fat-Free Mass), con cui viene spesso confusa, che include invece anche organi, tendini, ossa e tessuto connettivo per citarne alcuni.
Partiamo dalla composizione del muscolo, e già ci sorprenderemo scoprendo che per ben il 75% è composto da acqua! Un quantitativo veramente notevole e che deve far riflettere su quanto è importante avere una corretta ed adeguata idratazione. Il resto del muscolo è composto da proteine, glicogeno e lipidi senza scendere troppo nel dettaglio.
MUSCOLO: ORGANO ENDOCRINO, TAMPONE E …
La nostra massa muscolare però è molto di più rispetto ad un insieme di acqua, zucchero, grassi e proteine che ci consentono di stare in piedi, muovere per camminare, andare a lavoro e fare sport; il compito dei nostri muscoli, infatti, non si esaurisce con la sua funzione di apparato locomotore. Esso è un vero e proprio organo endocrino in grado di produrre citochine (molecole proteiche prodotte in risposta ad uno stimolo e che inducono attività come, crescita, differenziazione o morte delle cellule). Queste citochine, essendo prodotte dal muscolo in risposta alla sua contrazione, prendono il nome di miochine e, nello specifico, abbiamo le IL-6, IL1ra, IL-10, LIF e IL-15 con azioni anti-infiammatoria, di riduzione del grasso corporeo e assorbimento del glucosio dai muscoli.
Le Miochine
Di particolare importanza è la funzione della miochina IL-6, questa miochina infatti, prodotta dalla contrazione muscolare, è in grado di abbassare i livelli di TNF-alfa, ovvero il marker del catabolismo. Quando questo marker è alto significa che il nostro corpo sta degradando la massa muscolare ed il tessuto osseo per produrre l’energia necessaria, sta mangiando se stesso e più avanti vedremo cosa può comportare.
L’unico intervento efficace in questo caso è quello apportato dall’attività fisica, che risulta l’unica attività in grado di diminuire i livelli di TNF-alfa, nessun farmaco è in grado di farlo!
È quindi fondamentale avere una buona massa muscolare (25-30% della massa magra per le donne e 35-40% per gli uomini) per contrastare l’infiammazione cronica sistemica riducendone i marker.
La perdita di massa muscolare non avviene solamente con l’invecchiamento che è un processo fisiologico ma anche stress quotidiani, inattività fisica, infiammazione cronica sistemica e alimentazione errata possono portare il corpo in una situazione di costante allarme che può portare ad una degradazione del tessuto muscolare.
Sistema Nervoso e Cortisolo
La conseguenza è un’attivazione del sistema nervoso simpatico e quindi produzione del cortisolo che non seguono più il loro andamento circadiano ma rimangono attivati sia nella finestra del giorno (quando la loro dominanza è corretta) che nella finestra serale e notturna, quando invece dovrebbero “disinnescarsi” per fare posto al sistema parasimpatico e alla melatonina, per addormentarci e mettere in atto tutti i processi di riparazione, fissazione della memoria e crescita.
Quando entriamo in questo stato di catabolismo il nostro organismo cerca tutte le energie disponibili per far fronte a questo stato di perenne allarme, percepisce un pericolo costante a cui deve prepararsi a rispondere con delle reazioni che sono dette di “Attacco o fuga”.
Quando le energie necessarie non riescono ad essere soddisfatte dall’alimentazione, e/o il metabolismo è alterato, il nostro organismo inizia, come già detto, un processo di catabolismo che lo porta a ricevere tutto quello di cui ha bisogno (magnesio, potassio e calcio per citarne alcuni) dalla degradazione della massa muscolare e del tessuto osseo; si dice quindi che va a tamponare le carenze di nutrienti. La degradazione del tessuto muscolare, portando la massa muscolare sotto i livelli minimi visti in precedenza, crea una condizione chiamata sarcopenia che ha, come vedremo più avanti, ripercussioni anche sulla forza e la funzione del nostro corpo.
La funzione “tampone” del tessuto muscolare
Il tessuto muscolare svolge quindi, oltre alla sua funzione endocrina che abbiamo visto con le varie miochine, anche un’altra importante funzione: quella di tampone quando l’organismo non è in perfetta fisiologia. Quest’ultima condizione risulta particolarmente pericolosa perché, sebbene i segnali che il nostro corpo ci invia quando è in uno stato di infiammazione cronica sistemica siano numerosi, vengono spesso ignorati o non capiti.
Quando alla sarcopenia si aggiunge una condizione di carenza di tessuto osseo (osteopenia/osteoporosi) e un eccesso di massa grassa (>25% per gli uomini e >30% nelle donne) siamo difronte a quella che Ilich e colleghi hanno definito Obesità Osteosarcopenica (OSO) e che purtroppo oggi affligge un numero sempre maggiore di persone.
Come detto, l’invecchiamento e condizioni di alterata fisiologia portano ad una perdita di massa muscolare che si ripercuote non solamente sulla capacità endocrina del muscolo e sulla sua capacità di tamponare ma anche sul peggioramento dal punto di vista della forza e potenza muscolare, condizione conosciuta con il termine dynapenia (ben spiegata nella pubblicazione di Clark e Manini) che avviene ad un tasso molto più veloce rispetto alla perdita di massa muscolare.
In pratica perdiamo forza e potenza più velocemente di quanto perdiamo massa muscolare. La spiegazione a questa differenza, come ipotizzato da McLeod e colleghi, potrebbe risiedere nel fatto che la perdita di tessuto muscolare riguarderebbe in percentuale maggiore le fibre di tipo II, dette anche bianche o fibre veloci, impiegate in attività di forza veloce e/o intensa. Viene dunque a diminuire la capacità contrattile del muscolo quando questo si torna ad affrontare compiti brevi e intensi come può essere quello di alzarsi da una sedia o sollevare un peso con conseguenze a dir poco drammatiche sulla qualità della vita e sulla capacità di essere autonomi ed indipendenti, condizione particolarmente cara alle persone anziane ma che può diventare un problema anche per le persone più giovani se non si presta attenzione al proprio corpo ed in particolare, in questo caso alla massa muscolare.
La qualità del tessuto muscolare
La massa muscolare può perdere quindi in quantità e funzione, purtroppo però i problemi che possono affliggere i nostri muscoli non sono finiti, ma possono riguardare anche la loro qualità. Infiltrazioni di grasso nel tessuto muscolare, conosciute con il termine IMAT (intermuscular adipose tissue) superiori al 2% del peso corporeo portano ad un peggioramento della qualità muscolare con ripercussioni enormi sulla forza muscolare, basti pensare che una perdita pari all’1% di massa muscolare porta ad una diminuzione del 4-8% di forza muscolare. Fortunatamente vale anche il contrario, guadagnare l’1% di muscolo porta ad incrementi della forza intorno al 4-8%. Un motivo in più per allenarsi!
L’IMAT è un predittore significativo sia della funzione che della mobilità muscolare ed è correlato ad una ampia gamma di condizioni di comorbodità come ictus, diabete e disfunzioni metaboliche come la resistenza all’insulina. Bisogna prestare molta attenzione a questo indice in quanto il suo accumulo inizia ben prima dell’accumulo di grasso a livello viscerale, questo significa che quando vediamo o percepiamo qualche Kg in più sul nostro corpo, il grasso intramuscolare potrebbe essersi già accumulato da molto prima.
La massa muscolare è inoltre legata alla sensazione di dolore; quando aumenta alziamo la soglia del dolore e riduciamo la sua scala di intensità, siamo in grado di sentire dolore meno facilmente e con meno intensità. È un aspetto che non va assolutamente trascurato, in particolare per chi soffre di dolore cronico, condizione in cui invece si va ad aumentare la sensibilità al dolore. Questo è uno dei motivi per cui, nei programmi di recupero da condizioni di dolore cronico, la linea del traguardo non deve essere posta sulla condizione di non dolore ma spostata più avanti, mirando ad avere una composizione corporea ottimale che prevede un buono sviluppo della massa muscolare dentro il range fisiologico.
È evidente come il tessuto muscolare sia assolutamente fondamentale per mantenere uno stato di salute ottimale. Lo stress, l’infiammazione cornico sistemica, il grasso, l’alimentazione errata ed anche l’invecchiamento sono fattori che possono influire negativamente sulla quantità, qualità e funzionalità dei nostri muscoli.
Valutare lo stato di salute dei muscoli
È necessario quindi poter valutare lo stato della nostra composizione corporea attraverso misurazioni oggettive per avere una panoramica sulla salute dei nostri muscoli e di tutti gli altri parametri che la compongono. La bioimpedenziometria (BIA), in questo caso, è probabilmente lo strumento ottimale in quanto garantisce una valutazione oggettiva, non invasiva, facilmente effettuabile e rapida. I dati che si possono ottenere non danno una panoramica solamente sulla quantità ma soprattutto sulla qualità dei tessuti che compongono il nostro corpo, oltre ad altri parametri come la quantità d’acqua e la sua ripartizione (ricordate che il muscolo è composto dal 75% di acqua?!), stato della matrice extra cellulare, dispendio energetico e tanto altro.
Una volta che si sono acquisiti i dati sullo stato di salute della nostra massa muscolare possiamo, qualora necessario, iniziare un percorso che porti ad un maggiore sviluppo del volume dei nostri muscoli (ipertrofia).
ALLENAMENTO DELL’IPERTROFIA
Molto spesso l’allenamento dell’ipertrofia è avvolto da una nuvola di pregiudizi in cui si pensa sia inutile allenarsi per far crescere il volume muscolare perché finalizzato solamente all’estetica (quasi fosse colpa voler essere in forma). Abbiamo visto invece come questa componente della nostra composizione corporea ricopra un ruolo di assoluta importanza sul nostro stato di salute e di come sia cruciale per il contrasto di alcune malattie.
Molto spesso l’allenamento dell’ipertrofia è avvolto da una nuvola di pregiudizi che ci portano a pensare sia inutile lavorare per far crescere il volume muscolare perché finalizzato solamente all’estetica (quasi fosse colpa voler essere in forma). Abbiamo visto invece come questa componente della nostra composizione corporea ricopra un ruolo di assoluta importanza sul nostro stato di salute e di come sia cruciale per il contrasto di alcune malattie.
L’allenamento per l’ipertrofia ruota intorno a tre fattori:
- Tensione meccanica
- Stress metabolico
- Danno muscolare
Come influiscono?
Come spesso sottolineato da Brad Schoenfeld, tra i più autorevoli sul tema ipertrofia visto il notevole numero di pubblicazioni al suo attivo, è probabilmente la tensione meccanica il parametro più importante quando si ricerca un incremento della sezione trasversa nel tessuto muscolare. Ecco perché, anche nell’allenamento dell’ipertrofia, è necessario utilizzare dei carichi sufficientemente levati per creare la giusta tensione nel muscolo. Aumentare il tempo sotto tensione (TUT) può contribuire a mantenere tensione nel muscolo a lungo ma è soltanto una delle numerose strategie per raggiungere l’ipertrofia.
Per stress metabolico si intende l’accumulo di metaboliti come il lattato e gli ioni idrogeno durante l’allenamento, in particolare durante allenamenti di tipo anaerobici. A livello pratico, possiamo aumentare lo stress metabolico del muscolo aumentando il numero delle ripetizioni (superiore a 12 ad esempio), diminuendo il tempo di recupero tra una seri e l’altra, oppure con esercizi che portano alla sensazione di bruciore sui muscoli che stiamo allenando e in questo caso utilizzare l’isometria può essere una valida idea.
Si è un pò ridimensionato invece il ruolo del danno al tessuto muscolare, che fino a qualche anno fa si pensava essere il fattore determinante per la crescita muscolare. Rimane comunque uno dei tre fattori fondamentali per l’ipertrofia ma, come mostrato in figura, insieme allo stress metabolico occupa una porzione più piccola della piramide.
Ipertrofia in serie e parallelo
Nel tessuto muscolare si può generare ipertrofia in serie o in parallelo. L’ipertrofia in serie avviene nei primi mesi di allenamento o ponendo particolare enfasi sulla fase eccentrica (quando il muscolo si allunga sotto tensione), il risultato è un aumento del numero dei sarcomeri (unità contrattile del muscolo scheletrico) in serie.
L’ipertrofia in parallelo, invece, sembrerebbe essere il meccanismo principale dell’accrescimento muscolare. Come specificato da Schoenfeld in una delle sue review sull’ipertrofia, quando il muscolo è soggetto a sovraccarico, questo causa delle perturbazioni nelle miofibrille e nella relativa matrice extracellulare che scatenano una serie di eventi miogenici che portano ad un aumento nella grandezza e nel numero di miosina e actina e nel numero di sarcomeri in parallelo. Questo aumenta il diametro individuale delle fibre muscolari, e quindi risulta in una sezione trasversa del muscolo più grande.
È inoltre ipotizzato che l’ipertrofia può essere aumentata attraverso un incremento degli elementi non contrattili e dei fluidi; questo tipo di ipertrofia è stata denominata ipertrofia sarcoplasmatica (MacDougall e colleghi) e porterebbe ad un aumento del volume muscolare senza un concomitante aumento della forza.
L’allenamento dell’ipertrofia, come ogni tipo di allenamento, ha le sue caratteristiche e le sue specificità; l’intento di questo articolo non era entrare troppo nel dettaglio della metodologia di allenamento ma osservare il muscolo come parametro per il raggiungimento di uno stato di salute ottimale.
Non rimane che effettuare la valutazione della propria composizione corporea, affidarsi alla conoscenza e alla pratica di un personal trainer preparato e seguire tre semplici regole:
- Allenarsi 2. Allenarsi 3. Allenarsi.
Per alcune delle informazioni contenute in questo articolo si ringrazia l’ing. Boschiero ed il gruppo di ricerca e divulgazione scientifica della Open Academy of Medicine.